il II° capitolo c'è: infermieri

...ci risiamo, tempo un mese e papà è ancora al pronto soccorso.  C'è un giorno nella vita che credo sia più chiaro di altri giorni, più di altri giorni ti rendi conto dell'orizzonte. Sembra un giorno in cui va tutto storto e devi sollevare un macigno con uno stuzzicadenti... invece poi torni a casa, a macchine ferme rifletti un attimo, e ti accorgi che è stato un giorno di sole, più chiaro e limpido di altri.
Nel giro di un mese papà due volte in ospedale. Significa che la vita stringe i fianchi, significa che le maniche vanno rimboccate ancora, significa che per nuotare in questo mare dovrò essere più docile, niente resistenza, se no affondi. Assecondare l'onda e andare di braccia e gambe... ritmo!
Questa volta papà non è ritornato con me, e non abbiamo fatto battute sulle belle dottoresse.
Frattura alla rotula. Estate a Milano. Fermi tutti. Cioè... si inizia a ballare.
Quello che spaventa è che tutti, proprio tutti si aspettano che sia tu la nave che li condurrà in porto, ergo la prima reazione è di ribellione, sorda, irrevocabile, netta.
Alt, silenzio! Io non salvo proprio nessuno.
Ma come muoversi? Cosa sarà giusto? Quale bene e quale conforto, e come?
E' la prima volta che sono figlia di un padre vecchio, non ho studiato il manuale.

Sono lì in corridoio, ad aspettare che gli infermieri finiscano. Si sentono rumori, lamenti, voci, provenire dalla stanza chiusa. Si capisce molto bene ciò che avviene lì dentro, e non è niente di piacevole. Le voci degli infermieri sono ferme ma gentili, quasi allegre.
Penso al loro lavoro, alla parte di umanità che deve vedere un infermiere. Non è un giro in giostra, è il contatto fisico con ciò che l'umanità scarta e scarterebbe: il dolore, la paura, le azioni e le parti meno dignitose, si direbbe, del corpo. Ma cosa c'è di non dignitoso nell'uomo se lo sguardo è puro e amorevole?
No, questo non è un lavoro per tutti, esiste una parola sola per definirlo ed è la parola più difficile e male interpretata che conosco: carità.
E' una montagna, ed è strano, perchè più ti avvicini alle parti meno nobili dell'umano, più devi salire a vette vertiginose dell'animo.
Non è un lavoro per tutti, non è filosofia, non è discorso. E' azione, praticità, delicatezza ma decisione.
A spendere parole si impara in fretta, ma a fare gesti di carità non si improvvisa.
Occorre un cuore grande.
Mi occorrerà un cuore grande nei prossimi tempi, questo occorrerà a me. Non per guidare navi altrui o per salvare situazioni familiari ingarbugliate. Un cuore grande per lasciarmi guardare e curare anche là, nelle parti meno nobili del mio animo.

2 commenti:

Kay Ferraro ha detto...

Grazie per le belle parole spese per la nostra professione. In bocca al lupo per il tuo papà.

gloria ha detto...

grazie a te e alle persone come te, la professione è tra le più difficili e affascinanti, come tutte le professioni può essere svolta bene o male, perciò sono le persone che la praticano, con nomi e cognomi, a guadagnarsi la mia gratitudine... aggiungo volentieri il tuo nome alla mia lunga lista. Buon lavoro!