lasciarsi amare

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Esiste un momento nella vita di una persona in cui occorre chiedere il permesso di amare. Non è una amara constatazione, piuttosto una grata e timida osservazione.

Stasera, come tutte le sere da un po' di tempo a questa parte preparo mia mamma per la notte. Nel senso che la faccio mangiare, la porto in bagno, la cambio e le dò le medicine.

Niente di straordinario, quanta gente lo fa?!

Il fatto è che mia madre fino a due mesi fa se la cavava in tutto orgogliosamente da sola, orgogliosamente mai avuto bisogno del dottore, orgogliosamente mai stata in ospedale tranne che per partorire. Sarebbe stata felice di iscriversi al guinnes dei primati come piccola nonna bionica. E dire orgogliosamente, per chi la conosce, è usare il termine nel suo pieno e soddisfacente significato.

Ora assisto, stupita, al piegarsi di questa donnina di ferro, al lasciarsi portare dove non avrebbe mai voluto, in una  vera immersione di umiltà.

La sua fatica non è tanto nel passo incerto, nel cuore debole, nelle notti insonni. La sua fatica è lasciarsi cambiare il pannolone da sua figlia, farsi vedere in tutta la sua piccolezza.

Stasera mi ha chiesto scusa e lì ho capito che non ci sarebbero state parole adatte a convincerla del mio bene, del fatto che io ne sia capace, semplicemente perchè io non sono capace. Lì ho capito che l'unica cosa vera da dire è una richiesta: "mi permetti di volerti bene? Adesso, qui..."

Noi non siamo capaci di amare...ma ancora più difficile è lasciare che qualcuno ci ami, perchè non è amore vero quello che non arriva a vederci nudi, indifesi e vergognosamente meschini.

Ok, allora stasera che ho chiesto il permesso di amare, stasera desidero a mia volta concedere a qualcuno il permesso di amarmi.
E chi mi dice che la vecchiaia è inutile... vada a raccontar barzellette a qualcun altro please.

Buona notte

essere buoni

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C'è la bontà dei grandi, che fanno cose grandi, che vivono "alla grande"e che tutti ne parlano.
Che so... mollare il comodo e andare dall'altra parte del mondo per condividere un soffrire, salvare una vita, addirittura morire al posto di qualcuno...
purchè sia davvero gratuita, questa è la categoria della grande, immensa bontà.
Sempre ammirevole, notevole, lodevole, certo.
Ma... sai che cosa c'è? C'è che dopo un momento me la scordo. Non lo faccio apposta, mi riempie di ammirazione, davvero. Ma poi me la scordo forse perchè non sono io a dire 'grazie', non sembra roba per me.

Poi c'è quella bontà che si nasconde, sembra cosa banalmente 'dovuta'. La bontà infrasettimanale, quella dei giorni di pioggia nel traffico delle cose da fare. E quella, proprio quella lì che, non dico un trafiletto di due righe sul giornaletto di quartiere, ma neanche un 'grazie' striminzito ti viene; perchè a tutti verrebbe da dire "che roba eccezionale sarebbe?! Ha fatto il suo dovere!" perciò lo diresti anche tu.

Comunque quando sei lì nella sala d'aspetto del dottore, piena di gente arrabbiata, sei lì che non hai neanche preso l'appuntamento e ti senti come un bandito che fa l'attentato alla tranquillità e al diritto altrui. E sei proprio preoccupato di non poter avere in tempo la tua ricetta perchè sono quasi le sette e la farmacia chiude. E non frega niente a nessuno che è una medicina salvavita, che se tua madre non la prende entro una certa ora ti senti un assassino.
Quando sei lì, dicevo, e non sai cosa fare... ti si accende la lampadina : "vado dal farmacista e mendico spudoratamente. Accada quel che accada"

"Non si preoccupi, torni dal medico, e se non fa in tempo a farle la ricetta entro le sette e mezza, venga che le lascio il farmaco, poi vediamo domani"

Entri dal medico in "zona Cesarini", quello va un po' lento ma scrive tutto. Tutte le venti ricette che ti ha lasciato l'ospedale. Esci con l'affanno, le sette e mezza sono passate da un minuto, corri senza troppe illusioni e... trovi il farmacista che è lì ad aspettarti. Non ha chiuso, è lì. Non se n'è fregato, avrebbe potuto, ma non l'ha fatto.

Sono uscita grata come un pischello africano con la sua ciotola di riso. Ecco, il farmacista ha fatto il suo dovere sì, ma aggiungendo un minuto in più. Ed è per quel minuto, piccolo e insignificante, che posso dire di aver incontrato un uomo buono stasera, oggi.

Adesso sono curiosa di sapere chi sarà quello che incontrerò domani.

Tunnel

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Immagina un tunnel. Buio. Lungo. Freddo. Immagina di allungare le mani e di percepire la parete di fianco. Vai a tentoni e quasi quasi hai voglia di fermarti lì e...fanculo tutto.

Imprechi contro te e contro il mondo e l'universo intero, ti commiseri. Oppure ti distrai fischiettando, come non fossi lì, non sei tu, ti butti nel sogno, cerchi di distrarre il nemico con uno scarto di fantasia.
Non funziona a lungo, dipende dalla tua resistenza ai cinque sensi, ma per quel che dura...fai che ti accontenti.
Ma non ti accontenti.
E riparte la fatica.

A volte succede che la vita abbia questo aspetto. Non si ride sempre...per fortuna direi.
A volte una risata o una mezza parola di bontà a buon mercato sono come sputo in faccia a un moribondo.
Cosa mi è successo?
Vita.
Mi succede la vita. La vita di tutti. Con le sue fatiche, i suoi schiaffi e il suo fascino. Niente di strano, niente di diverso da quello che succede a tutti.

C'è che però al disagio non ci si fa l'abitudine...per fortuna direi.
C'è che non mi rassegno al tunnel.
Non so perchè. Forse è ribellione.
Sarà che tua madre si sta consumando da più di un mese in ospedale, sarà che tu ti senti impotente e imbecille in ogni cosa che fai...sarà, sarà...saranno quelle facce che arrivano dal di là del mare, e anche quelli che non arrivano perchè sono morti nel viaggio. Saranno quei bambini che piangono nel fango, dopo il tifone dei tifoni, dall'altra parte del mondo, e saranno anche quelli che non piangono più e ti guardano lo stesso.
Saranno quei letti sfatti dove altre bambine, così vicine a te, sono state violate, consumate, stracciate, vendute, comprate dalle loro stesse madri.
Tunnel. Buio senza risposta?
No.
Io mi ribello.
Ma se al fondo di questa notte ci fosse una lucina? Sì, come quella famosa di Pollicino? Una porta che si apre, piccola, laggiù in fondo. Lontana, sì, ma che c'è. Ne basta una piccola per farti certo che non è il buio a vincere.
Favole?
E allora?!
Io non credo alle favole, credo al mio cuore che grida anche nelle favole. Grida e non vuole che tutto sia finito lì. Io cerco di farlo star zitto. Giuro. Ci provo.
Ma se tutto finisce con il pianto di un bambino, con la mano di una madre che ti lascia piano piano, se tutto finisce con la mia impotenza...bè...io domattina perchè devo alzarmi?
Ma se la casa c'è allora tutto il dolore del mondo, tutto, ma proprio tutto, è spazzato via, e i bambini rimangono bambini, vivi, innocenti, intatti. E tua madre non ti lascia più e tu...chissenefrega che non sei capace, la cosa che vale è che ci sei. Punto.

La giustizia del mondo è una casa piena di luce, da raggiungere e da abitare. Insieme.