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Carezze
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gloria


Fai una telefonata all'amica che non sentivi da tanto. Quell'amica dei vent'anni, che quando ci si sente sembra ieri. Non fai fatica ad entrare in gioco, non ti nascondi. E scopri che il dramma della vita è mischiato con la vita, con la corsa al supermercato, la gomma della bici sgonfia, i capricci dei figli o la litigata col babbo anziano che rompe alquanto e che poi ti penti.
Poi le chiedi come sta il suo cuore che all'improvviso aveva fatto i capricci e lei, innamorata delle discese sulla neve, ti dice che l'altro giorno si è messa a piangere alla Decathlon tra le giacche a vento e gli scarponi da sci. Una cosa così, vergognandosi che la tristezza sia venuta fuori proprio lì, come se il bisogno immenso di tenerezza che abbiamo non avesse a che fare proprio con le cose piccole, come una bella giornata sui campi da sci, una tazza di cioccolata, scoprire la sincerità in qualcuno che ti chiede come stai.

Viviamo tutti con una voragine nel cuore. E' che siamo bravi a deviare l'attenzione del nemico: nel migliore dei casi diciamo che sono altri i problemi della vita, facciamo i duri, quelli che "ma no, niente, cosa vuoi che sia? La vita è dura per tutti"
Viviamo con una voragine nel cuore, con una sete insopportabile. Ogni tanto una fessura: piangere davanti a un bel paio di sci pensando che non li potrai mai più indossare, spegnere la tv perchè ti senti un po' patetico a notare che solo da lì quest'anno ti hanno detto buon Natale, oppure improvvisamente tu, che raramente ti accorgi degli altri, alle nove di sera ti preoccupi dello spumante in casa e "potremmo chiamare la vicina che è sempre da sola" solo perchè tua sorella ti ha detto che potrebbe rimanere qui domani sera che è capodanno.
Lo sappiamo che una carezza non può bastare a tutto il bisogno, come sappiamo che un secchiello sulla spiaggia non può contenere il mare. Ma una carezza spesso serve a tirare un po' avanti, un secchiello può rendere divertente la mattinata di un bambino tra la sabbia e il mare. Quel piccolo, piccolissimo desiderio ha radici che affondano per chilometri, è la fessura attraverso cui sfugge la verità nascosta, vergognosamente nascosta, di quello che davvero siamo.
Carissima amica che mi racconti dei tuoi pianti tra gli scaffali delle giacche a vento, tu non sai con quanta tenerezza e consolazione mi hai bombardato la giornata.
La ferita così profonda che siamo, lo sappiamo, non si rimargina, ma questo non può impedirci di desiderare una carezza ogni tanto.
Un po' di calore, una sciocchezza. Giusto per non sentirci al freddo.
Da soli.
The big Kahuna
Mi piacciono i racconti quando sono costruiti come metafore. Forse non so leggere fino in fondo, però un po' di ABC la vita me l'ha insegnato.
Ho rivisto un bel film che avevo quasi dimenticato.
E' capitato altre volte: leggi o vedi qualcosa una volta... magari anche due, e ti passa addosso come acqua calda in estate...evapora subito senza traccia.
Poi, per caso, si ripete l'occasione, ed è quella dove scatta la corrispondenza. E' stato così per Big Kahuna.
Non è un film facilissimo. Praticamente non succede niente. Praticamente succede tutto.
Tre venditori attendono in una camera d'albergo. Attendono di incontrare il grande acquirente. Il colpaccio della vita insomma. Due esperti e un pivellino. Un cinquantenne un po' disilluso ma paziente, di quella pazienza che nasce un po' dalla conoscenza dei propri errori, e da una domanda, per fortuna, ancora viva, ferita, stanca ma viva. Grande Danny DeVito.
L'altro un po' più giovane, più compiaciuto del proprio cinismo ma incapace di essere aspro fino in fondo. Un saporitissimo e mordace Kevin Spacey. Infine il giovane che, sotto una timida e docile apparenza, risulta essere il più rigido dei tre.
Tutto è pronto per accogliere il personaggio tanto atteso e che non si vedrà mai. Arriverà, certo, ma non si vede.
La felicità sarà aspettata, cercata, corteggiata ma non si vedrà mai.
C'è, è lì, ad un soffio, proprio lì dove la attendevi, ma non te ne accorgi. Solo il più giovane incontrerà l'atteso grande compratore di lubrificanti, ma, preso dal suo progetto, non riuscirà a cogliere l'occasione.
E' un film di dialoghi, domande, senso religioso. E dico questioni religiose non perchè si parla di Cristo. Balle. Infatti il personaggio più pio e devoto, il ragazzo, in effetti mi pare il meno religioso dei tre.
Dico religione intendendo ricerca della felicità, della risposta alle grandi domande sulla vita, la morte, l'onestà e l'amore. Domandone insomma, che tutti, sbagliando, ci immaginiamo pesare nella testa di pochi addetti ai lavori e solo in alcuni e importanti momenti della vita. E invece? Invece risultano alla nostra portata, per noi, semplici, normali, limitati e un po' cinici commessi viaggiatori.
Ciao ciao
botulino
Mbè?! Scoperta da un milione di dollari! Ma c'è una bella differenza tra dirlo e crederci. Provaci!
Diciamo che almeno 23 ore su 24 della nostra giornata siamo indaffarati a far fuori la drammaticità dalla nostra vita, il bisogno, quel senso fastidiosissimo, diabolico di impotenza. In che modo? Devo fare l'elenco o posso risparmiarvi quattro ore di lettura noiosa?
Ognuno conosce bene le sue strategie, e, anzi, sarebbe contento di qualche dritta riguardo a quelle degli altri.
Comunque uno dei più comuni è il pensare che per alcuni in fondo la vita non è poi così difficile, e allora giù con un tre o quattro quintali di invidia e lamento....
C'è chi soffre perchè ha la cellulite e vorrebbe il fondoschiena come quello della Belen, e chi si deve arrabattare per arrivare alla fine del mese, con figli, moglie e nonno a carico.
Cosa? Come dici? E' scandaloso che non mi accorga della differenza?
Ma non siamo moralisti per favore.... certo che la ragazzina voglia fare la 'modella' e non ci riesce fa un po' ridere ma per lei non è meno drammatico dello tzunami in Giappone. E cosa mi dite della cinquantenne che corre dietro alle proprie antiche decadenti beltà come un idraulico impazzito nella casa che si sta allagando?
C'è di mezzo sempre una cosa che si chiama morte. Una parola grossa? No, una delle cose più certe della vita.
Ma perchè allora le fans del fisico perfetto ci fanno incazzare e invece una madre che perde un figlio ci ispira i più alti sentimenti di compassione?
Non lo so ma credo che per questa mamma il dramma è evidente, non è falsamente nascosto, mentre per la vecchia la tragedia è inutilmente mascherata dal botulino, e così si trasforma in qualcosa di grottesco.
Forse il problema è che desideriamo tutti una vita senza drammi, cioè falsa, passata fra le mani di qualche chirurgo estetico dell'esistenza, e così non ci accorgiamo di ottenere soltanto un'impalcatura dall'equilibrio precario anzichè una vita vera.
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