La miglior difesa è l'abbraccio

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Stasera un'altra litania di orrori al telegiornale. Si comincia dai nuovi schiavi che muoiono sui barconi, si continua con i sopravvissuti che cadono in mano agli sfruttatori, si procede con la costruzione di muri e filo spinato, perchè se hanno avuto il torto di non morire in mare o raccogliendo pomodori "non pretendano di venirci a rubare il nostro comodo spazio indifferente al mondo e all'universo..."
Cambio di latitudine, l'ennesimo pazzo esaltato che gioca con le armi, ammazza due colleghi e, dato che fa il giornalista, pensa bene di riprendere tutta la scena e di sbatterla su youtube.
Poi i social fanno eco come strumento per il moltiplicarsi dell'orrore, per essere ottusi complici di morte con un "condividi" o con una battutaccia.
Temo che la stessa Hannah Arendt si stupirebbe nel vedere a che punto è arrivata la banalità del male.
I bambini istruiti all'orrore non sono piú raccapriccianti di un individuo che, sentendosi assediato dai propri fantasmi alla propria comoda scrivania, insulta il mondo postando idiozie ideologiche su facebook.
Stasera non ce la facevo piú, né a guardare il telegiornale, né a leggere commenti deliranti sui social.
Smarrita di fronte all'odio, indignata di fronte all'arroganza di chi ha rinunciato al proprio cervello e al cuore.

Smarrita e scandalizzata. Ma anche io sono così?

Poi ho visto un amico, bé, neanche troppo amico, un conoscente direi. L'ho visto trattare con un personaggio che aveva invitato a casa sua. Pur sapendolo ostile l'aveva comunque invitato. 
Come agli altri ospiti con attenzione sincera anche a lui ha fatto spazio. 
Curioso, tutti hanno parlato con tranquillitá seduti gli uni accanto agli altri, quell'ospite speciale no. Lui ha voluto una cattedra, un pulpito, uno scranno. Senza battere ciglio gli é stato offerto cordialmente quanto richiesto.
Ed ecco il giovanotto, in nome della propria purezza e perfezione partire con una bella raffica di insulti al padrone di casa ed ai suoi ospiti.
Veramente non é che le accuse brillassero per originalitá, e l'arte retorica non era delle migliori; doveva soffrire non poco per non incespicare nel proprio puro e incontaminato muscolo oratorio. Forse perchè più che un discorso le sue parole sembravano una bella canzoncina scritta da altri e che lui si sforzava di cantare senza aver voce né orecchio musicale.
A qualcuno dei presenti sono sfuggiti moti di disappunto, subito zittiti però dal padrone di casa. 
Tutti hanno ascoltato fino alla fine la lettura a tratti precipitosa dello stonato corista che, forse deluso, ha dovuto concludere la sua arringa senza la gloria di alcuna interruzione o protesta, neppure una briciola di torta in faccia, tanto per ridere un po'.
E qui é finito il mio smarrimento, quello che mi piegava il collo da qualche ora.
Il mio amico ha iniziato a parlare, senza ansia ostile l'ha guardato come si guarda un uomo, un uomo impaurito che si vuole nascondere.
Come si guarda un ragazzo che procede nella vita a tentoni, coprendosi il volto con il gomito per paura di essere contaminato da qualcosa o qualcuno. Il padrone di casa vedeva quello che non avevo visto io: l'uomo sotto il vestito del burattino.
Insomma, non ti è capitato di incontrare ragazzi che non hanno mai conosciuto il proprio padre o gliel'hanno giurata?
Quando si scagliano contro di te invece di considerarli come nemici è meglio trattarli come figli. Rinunciando a partire dalla  morale, dai regolamenti.
Un padre ha la pazienza di lasciarsi insultare perché sa che sei un uomo libero anche se ti vede appeso ai fili di Mangiafuoco, sa che puoi usare il cervello ma che preferisci di no, e non smette di proporsi senza l'ombra di una imposizione.
Hai rotto il vetro per protesta e ti senti un eroe, perchè tuo padre sbaglia e devi fargliela pagare, e devi dirgli tu come si vive la vita, tu che hai capito, tu che sarai sempre migliore di lui. Solo che tuo padre non piange per il vetro rotto, piange perché sa bene che essere eroe é ben altro che essere puri e irreprensibili e tu non ne sei all'altezza, perchè non sei consapevole della tua meschinità, non ancora.
Hai in mente la storia del figliol prodigo all'inizio? Ecco, quel padre li, quello addolorato dell'insulto e non ancora consolato del ritorno.
Io, che pure ero ospite, avrei preso Lucignolo per la collottola e mi sarei divertita a cercare un vestitino di allegri insulti su misura per lui, mentre il vero padrone di casa rinnovava l'invito al Braveheart de noantri e gli chiedeva di rimanere per conoscere meglio la casa su cui stava sputando il suo odio.
Non ha ribattuto una virgola di tutte le circostanziate accuse, solo una marionetta è inconsapevole dei propri limiti, un uomo li conosce tutti, li guarda in faccia. Ma poi sa che se vuole stare in piedi deve per forza appoggiarsi ad altro che non alla propria presunta perfezione.
Non so se il ragazzo ha accettato o se si é ostinato a guardare la sua bravata come prova di fedeltá al suo burattinaio. So solo che improvvisamente ho visto la differenza di statura tra i due, un pupazzo soddisfatto della propria impresa senza costrutto e un uomo in piedi, forse non perfetto, certamente pieno di acciacchi, ma in piedi.
Cosi ho fatto una scoperta: avrai sempre paura o rabbia verso chi ti é ostile finché non riuscirai a vedere in lui l'uomo che lui stesso ha smarrito.
Mi sa tanto che solo una paternità vera può vincere un cuore che odia, perché solo un padre puó distinguere l'uomo dalla bestia.
Io non so dove andrà a finire questo mondo che sta crollando a colpi di istinto animale vestito da giustiziere, so solo che la forza, l'unica forza da opporre é quella della paternitá. Dove padre non significa giudice senza macchia ma, in un mondo di morti, creatura  capace di generare e accogliere la vita.
Finché avremo padri avremo speranza.

Cavalcare l'onda

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Tutto
Tutto –
una parola sfrontata e gonfia di boria.
Andrebbe scritta fra virgolette.
Finge di non tralasciare nulla,
di concentrare, includere, contenere e avere.
E invece è soltanto
un brandello di bufera.

                                        Wislava Szymbrorska

"Vedere l'onda perfetta e non poterla cavalcare"
Nel paradiso dei surfisti impazzano gli squali e così... tutti sulla spiaggia a guardare malinconicamente quel mare da sogno così bello e così pericoloso.
Attrazione fatale.
Siamo sull'isola Rèunion, stare lì per chi ama il mare è come morire di fame di fronte ad una tavola imbandita e proibita.
E intanto passa l'onda perfetta, senza di te.
C'è chi ha fatto surf per mezzo mondo ma non è contento perchè non può farlo lì.

Io non so neanche stare a galla in mezzo metro d'acqua ma capisco benissimo il desiderio. E più una cosa è impossibile, più abbiamo il cuore che la insegue.
Che cosa misteriosa siamo. Potremmo anche accontentarci di sguazzare in un tranquillo laghetto, ma per quanto? C'è sempre qualcosa di cui sentiamo la mancanza, la nostalgia dell'onda perfetta. Ogni occasione mancata avrebbe potuto essere la migliore.
Non ci basta una parte, vogliamo tutto, e tutto non ci basta ancora.
Non siamo fatti per giocare in spiaggia, vogliamo il mare aperto.
Anche se ci sono gli squali.



link NYTimes

con quale oppio si sballano i popoli

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Ho idea che chi non distingue religione da fanatismo non sia libero, chi ha paura della religione non sia libero e chi non è libero è violento.

Odio e distruzione, pare che il male stia vincendo.
E abbiamo sempre bisogno di un colpevole. D'altra parte non sappiamo farne a meno di invocare giustizia, siamo uomini, siamo fatti così. Questo è il nostro marchio di fabbrica: desideriamo giustizia, amore e verità.
Ma la cosa più pericolosa sono le scorciatoie, troppe volte nella giornata quotidiana e nella lunga giornata che chiamiamo "Storia" abbiamo creduto di trovare bell'e pronta la spiegazione di tutto, una specie di supermercato della ragione, un self-service del cuore: è colpa di...

C'è chi è già partito all'attacco con il "dalli al musulmano". Eccolo lì il cibo precotto per chi non vuole perdere tempo nella cucina della ragione.
Ma costoro non hanno facce o pensieri diversi da chi ringhia contro il cristiano, gli vomita addosso tutto il suo disprezzo o lo vuole morto.
Già, ma non siamo più nemmeno cristiani.

La paura fa novanta.
Così inneggiando alla libertà nella prima strofa della canzone, siamo subito pronti a cantare un ritornello che ci sbugiarda: la religione è l'oppio dei popoli, impedite ai popoli la religione e vivremo in pace.
Così, per scamparla togliamo i crocifissi, togliamo il velo... togliamo questo e togliamo quello, ma non diciamo che è per paura, diciamo che è per 'tolleranza'.
Diciamo che è lo stato laico e liberale.
Balle.
Lo stato laico afferma il diritto, non lo nega.
E' fifa, pura e semplice fifa.
Ed è noto, risaputo e diagnosticato che la fifa si porta dietro l'irrazionale...o davanti, a scelta.


Come è tutto facile per chi ama i centri commerciali dell'anima! Entri e c'è tutto lì. Non hai bisogno di altri criteri se non quello di seguire lo slogan che ti attrae di più.

E così un mondo perfettamente ateo sarebbe il paradiso dell'uomo.
Bene, ora ammettendo che diventare atei fosse possibile vorrei sapere come fare... è un prodotto che mi interessa, in quale banco del mercato si vende?

Posso provare a dire un'ultima cosa?
No, non è una citazione del Papa, nè del Dalai Lama, neppure un versetto del Corano, nè una virgola di qualche salmo. E' una canzone, una canzone del signor Bob Dylan:
alla fine di un variegato elenco di persone e cose ci fa notare che qualcuno dobbiamo servire, e non è un 'dobbiamo' morale, è semplicemente una constatazione.

But you're gonna have to serve somebody, yes indeed
You're gonna have to serve somebody,
Well, it may be the devil or it may be the Lord
But you're gonna have to serve somebody.


Ergo: nessuno è esente dall'oppio, tutto dipende dalla scelta della marca.
Eh sì, temo sinceramente che per quanto ci si metta a voler affermare il proprio ateismo liberatore non ci si riuscirebbe proprio mai a sganciarsi da questo inesorabile destino: vivo perciò servo qualcuno... fosse anche una matita e l'allegra satira blasfema e irriverente, quello sarà il mio dio, fosse anche il mio comodo dormire mentre fuori da casa mia si uccidono, il mio culo nel burro sarà il mio dio, gli fornirò le armi a prezzo stracciato basta che mi permettano di continuare ad adorare il mio comodo dio progressista e culturalmente avanzato.
 Quello che solamente oso sperare è che mi sia permesso affidarmi ad uno buono, che non mi pigli per il culo, mi ami davvero e che mi lasci la facoltà di ragionare.
Comunque anche se non me lo permetteranno, e malgrado la mia provata idiozia, io ci proverò lo stesso... e vuoi vedere che non sia questa la cosa che assomigli di più alla Libertà?


di cosa la maestra non ha proprio bisogno...

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Credevo non fosse più così, ma... pare sia ancora un problema. Parlo del regalo. Il regalo alla maestra. Natalizio o "fineannesco".
Bene, sappiate che la maestra non ne ha per niente bisogno.
L'avreste mai detto? Cavoli, ma invece è proprio così.
Quando la maestra andava a scuola, e non era ancora la maestra, il regalo da parte di tutte la famiglie, quello con annessi mugugni e sottoscrizioni a collotorto, era un affare da fine quinta.
Ricordo che mamma e babbo rimasero un tantinello umiliati nel sentire la proposta addirittura di una lavatrice...tiravamo alquanto la cinghia, e i soldi per la nostra quota proprio non li avevamo.
Per fortuna la mia maestra, donna pratica e senza tante smancerie, si arrabbiò e proibì categoricamente ogni forma di ossequio forzato. Allora i genitori ci credevano ancora che la maestra corregge perchè è il suo mestiere e non perchè è "stronza e ce l'ha su con mio figlio".
Obbedirono. Tutti. Sì... i genitori obbedirono alla maestra.
Volete che lo ripeta? Che usi ancora questa parola perchè non siete sicuri di aver letto bene?
I genitori, quelli di una razza ormai estinta come i dinosauri, i genitori obbedirono alla maestra, senza protestare o, peggio, spettegolare.
I miei tirarono un sospiro di sollievo e optarono per la classica scatola di cioccolatini, segno tenerissimo e inequivocabile per loro di gratitudine sincera e lusso sfrenato.

Ma, ahimè, quando la maestra qui presente lasciò il proprio banco di scuola per spostarsi appena di qualche metro dietro la cattedra, era già arrivata la moda del regalo natalizio e di fine anno... di ogni benedetto anno.

Non faccio elenchi, dico solo che ne ho viste di tutti i colori. Dalla targa in ottone del peso di tre chilogrammi sani sani con incisioni in "stile vario", alla guepière in pizzo nero. Di questa vado molto orgogliosa perchè mi ricorda la scoperta in me di una saldezza di nervi inaspettata: scartarla davanti ad un uditorio di una quarantina di genitori senza capacità di discernimento,  che si aspettano da te un ossequioso ringraziamento, e farlo senza commenti audiovisivi... bè ci vuole più audacia che a indossarla, ve lo assicuro.

Ci è voluto del bello e del buono per far intuire ai molti che le maestre non sono esseri strani che pensano solo alla scuola e ai pargoli, povere creature che non hanno tempo e denaro per andarsi a comprare quel che a loro serve.
Hanno uno stipendio, sempre più ridicolo va bè, ma che non ha bisogno di essere squallidamente arrotondato con le munifiche elargizioni natalizie tradotte in oggettistica varia.

Siamo quindi arrivati all'epoca del "che cosa ha bisogno la classe?".  Che a volte ti veniva da rispondere: "di una classe".  Nel senso di un'aula decente, che non ci piova dentro, che abbia banchi sani e di misura idonea, di una lavagna intera, gessi e carta igienica. Ma col tempo ho capito che questo equivaleva a domandare l'impossibile. Vi state chiedendo se insegno nel terzo mondo vero? No, in una normalissima scuola pubblica di una grande città italiana del nord... che differenza c'è? Che nel terzo mondo alla scuola ci tengono.

Non è finita.

Si è passati alla domanda "che regalo facciamo ai bambini?" E anche qui la risposta sarebbe stata delle più semplici e faticose al mondo: "di adulti che sappiano cosa vogliono". Ok... lasciamo perdere, roba da orpelli bizantini per le nostre povere menti votate al teleschermo.

Capisco e non biasimo chi semplicemente vuole ringraziare  una persona di cui ha sincera stima, perciò a chi voleva le cose in grande ho consigliato di fare una donazione a qualsivoglia opera caritativa.

Ma se proprio volete dire grazie alla maestra... ragazzi... portatele una margherita come quando eravate piccoli, e ne facevate un mazzolino ciancicato da mettere nel bicchiere sulla cattedra e, soprattutto, non distruggete agli occhi di vostro figlio l'autorevolezza dell'adulto che sta insieme a lui più di quanto non ci state voi, è un regalo a voi stessi, prima che alla maestra.

Lo so, è difficile, ma non c'è bisogno d'altro.

Buon Natale


Al bar si muore

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A cosa serve il tempo che passa? A cosa serve la storia? A cosa serve conoscerla e studiarla?

Circa duemila anni fa carrettate di cristiani erano la colazione di quattro leoni al circo, oggi si segnano le porte delle case dei cristiani in Iraq: che sia ben visibile il posto dove abita una famiglia da far fuori. Si condannano a morte madri di famiglia solo perchè non vogliono bruciare incenso al nuovo imperatore.

Secoli fa partivano navi stipate di schiavi, indicibile commercio, vergogna dell'umanità. Oggi arrivano barconi stracolmi di povera gente che paga a caro prezzo la vita che è un diritto di tutti.

Sono solo due dei mille orrori di cui siamo capaci, siamo, sì, siamo: noi. E so che scandalizza questa parolina che coinvolge tutti, perchè a noi ci piace pensare che "noi non c'entriamo...noi...? Noi un corno che adesso mi tocca anche sentirmi responsabile..."

Ma io non posso rassegnarmi che la storia e il tempo non servano a niente.
Ecco, forse questo ripetersi terribile del male, questo orrore quotidiano che non ci si può neanche tappare occhi e orecchie per cancellarlo, che sembra che Dio sia una parola più simile ad un'offesa che a un conforto...tutto questo non fa che chiamarmi, urgere una risposta.

Che il tempo da solo non ci fa diventare buoni in automatico che è finita l'ottusa illusione del progresso. Che noi si vorrà anche il bene e la pace, ma non c'è bene nè pace se io non sono coinvolta.

E che se anche nel mio piccolo spazio che chiamano scatola cranica sono consapevole di non aver voluto io quegli orrori...bè, non è una buona ragione per non sentirmici dentro fino al collo, non fosse altro che per questa immensa e fastidiosissima sensazione di impotenza.
Che non è l'innocua e comoda impotenza di non poter salvare quelle vite, è molto, molto di più: è la fiacchezza quotidiana, lo stillicidio di sentirsi capaci di male, indifferenza, cattiveria, quel piccolo, insignificante male giornaliero, quella dannata ferita che grida la tua incapacità che ti fa continuare a stortare la cosa che vorresti dritta.

Non è questione di misura, il male è male, la cattiveria è cattiveria e guai a chi ne sottovaluta la banalità: ne sono state riempite centinaia di camere a gas.

Stasera va così, la storia mi serve, il tempo è amico per imparare e non smettere di desiderare il bene, ma non vanno lasciati passare senza la mia presenza... questo è quello che credo, perchè anche stasera si muore nel nostro bar... e che? vogliamo continuare a giocare a carte e bere birra credendoci invincibili? Come bambini che non hanno ancora incominciato a vivere.




Partecipo per vincere...

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Gira da un paio di giorni, tra le altre frasi a mo' di epitaffio, questa perla della cultura moderna "non è importante quello che trovi alla fine della corsa, l'importante è quello che incontri mentre corri" o una cosa del genere. Sembra la frase gemella su un'altra pietra tombale "l'importante non è vincere ma partecipare". E le tombe non sono quelle degli stimabili signori Faletti e de Coubertin...no, queste lapidi le vedo solo sopra l'intelligenza umana. Ma, dico io (che non sono nessuno ma che un pensiero personale avró pure il diritto di averlo), chi ripete certe cose dal pulpito di Facebook ha ragionato su quello che sta copiando oppure pensa davvero che basta essere morti per diventare oracoli? Ma veramente crediamo di darla a bere a qualcuno che non ci frega un ciffolo di avere una ricompensa per le nostre fatiche? Se è così allora perchè questo proliferare di incazzature o petizioni in cerca di "mi piace"? Se non importa arrivare ad una meta soddisfacente perche sbattersi tanto sulle proprie e altrui bacheche? Certo che è bello partecipare, certo che gli incontri sul cammino possono essere importanti ma, accidenti, chi è quel coglione a cui non interessa un ciffolo di vincere? Chi è quel pirla che preferisce vivere appeso alle proprie insoddisfazioni senza sperare di trovare una risposta? Devo fare i nomi di tutti quelli che sono arrivati a morire per questo? Andiamo a vedere cosa diceva il signor Leopardi sulla noia del vivere, citazione troppo "dotta"? Allora leggetevi cosa ne pensava miss Janis Joplin della insoddisfazione. Spendere la vita per cosa? Per una bacheca piena di belle frasi fatte? Ma basta solo vedere la delusione per essere usciti dai mondiali di calcio..."si, siamo contenti lo stesso perchè abbiamo conosciuto tanti bei calciatori stranieri"...balle! 
Gli incontri e le partite mi servono per ricordarmi che qualcosa c'è per cui sputare sangue, io corro per vincere, incontro per arrivare...altrimenti andate a bussare alla bacheca di qualcun altro. Facebook e Twitter e tutti i social del momento non sono altro che pollai, l'ultimo post non è altro che il piolo più alto della relativa scala...e non starò certo qui a spiegare come è fatta la scala di un pollaio. Perciò siamo solo galletti che per farsi sentire al massimo riescono a stonare dentro a un coro, per fare i solisti ci vuole altro, e non certo ripetere a pappagallo senza ragionare su quel che si dice.

Sete di bellezza

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Un pittore vero sa farti respirare anche l'aria di quel che vedi, e gli odori, e i rumori e i silenzi.
Scopri allora che davanti a un quadro non usi solo gli occhi, ci stai fino a che non è il quadro a stare davanti a te. Un' immersione insomma. Da gustare in silenzio.
Per questo non mi piacciono le corse nei musei, a tutti i costi vedere tutto, le mostre affollate, il chiasso e la moda delle mostre 'alla moda'.
Però...però...
Ci sono posti e situazioni che favoriscono, ma sono sempre una sorpresa.
Ascolteresti mai un pezzo di Bach o Beethoven o Mozart in mezzo al casino?  Però quando metto un cd classico a scuola, i pargoli abbassano la voce...
E i Pink Floyd o Springsteen? L'emozione di sentirli in uno stadio è imparagonabile...ma che mi dici quando sei da solo in macchina, con i bassi ben regolati?
E le poesie? Szymborska per esempio l'ho scoperta sul...tram.
Dante l'ho conosciuto sui banchi di scuola ma l'hanno anche declamato ai crocicchi delle strade.
La bellezza di un albero fiorito può sorprenderti quando aspetti al semaforo, e gli occhi profondi di qualcuno guardarti attraverso la vetrina di un bar mentre passi con la bici.

Certo, la bellezza ha i suoi luoghi privilegiati. Va protetta, curata, cullata, favorita. Ma la sua nobiltà, la verifica, la prova della sua verità è che rimane bellezza anche in mezzo al fango, è così 'di tutti' che non si lascia schiacciare da nessuno. E allora? Qual è il problema?

E' tutto nel mio sguardo e nella mia sete. Solo se non sono distratto io posso essere sorpreso e così, anche in mezzo alla folla e alla confusione accusare il colpo, cadere ferito da un'improvvisa gratuita bellezza. Non fare lo schizzinoso e lo snob, non è il luogo e nemmeno la circostanza 'ideale' a farti godere delle cose: è solo la tua sete.

La bellezza, davvero, è per gli insoddisfatti.