Teatro: Miguel Manara
Don Giovanni, il vero don Giovanni di cui hanno poi scritto poeti e musicisti.
Veramente vissuto in Spagna nella metà del XVII secolo.
Tutta la depravazione e il male che un uomo può fare diventano la voce della vera passione umana per qualche cosa di infinito che solo può colmare la sete del cuore.
"...un infinito di vite nuove, ecco quello di cui ho bisogno, signori: semplicemente questo, e nulla di più.
Ah! Come colmarla, questa voragine della vita?
Che fare?
Perchè il desiderio è sempre presente,
più forte, più pazzo che mai.
E' come un incendio del mare,
che avventi la sua fiamma dove maggiore
è la profondità del nero nulla universale!
E' un desiderio di abbracciare le possibilità infinite!"
Manara si convertirà grazie ad un amore puro e bellissimo che gli sarà regalato:
"c'è una presenza per la quale il passato, con tutto il suo male, diventa una vita, una vita diversa, diventa la verità della propria esistenza ignorata prima" (L. Giussani, Le mie letture).
"Che ho fatto della mia vita, che ho fatto del mio cuore? Perchè non ho appreso prima di avere l'anima buona?"
La conversione di Manara non ha bisogno di rinnegare nulla di quel che è stato. Tutta la sua passione antica acquista una bellezza nuova e limpida.
Niente di noi va buttato, non è il moralismo di chi vuol nascondere il male sforzandosi ipocritamente di giungere alla perfezione. E' come tornare da un viaggio solitario e faticoso e trovare che qualcuno ti aspettava.
"La Favorita" di G. Donizetti, "Spirto gentil de sogni miei, brillasti un dì ma ti perdei..."
tenore Alfredo Kraus, Carneige Hall, 1975
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