Ignorare la scuola, ancora una volta.

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Impotenza.
Questa è la parola che domina e mostra il carattere di questo tempo.
L'estrema, ultima, terribile impotenza della distanza dai tuoi cari che muoiono soli, l'impotenza di fronte ad un nemico invisibile, l'impotenza che innesca pericolosamente indignazione e sconforto nel leggere dello sciacallaggio ideologico del potere legittimo o nascosto, dello sfruttamento sul bisogno della gente.
Impotenza. Ha tante facce, ma un solo unico grande dolore.

Oggi parlo della mia, di impotenza. Del mio quotidiano dolore.
Qualcuno crede ancora che lavorare tra i bambini, nella scuola, sia solo una cosa divertente. Una cosa lieve, tutto sommato di fronte alle tragedie della vita, ora, la scuola, può anche tacere.

I bambini vengono sempre zittiti, spesso danno fastidio. Spesso la scuola non è che un fastidio. Sappiamo tutti ripetere bene che i bambini sono il nostro domani...cavolate! I bambini sono il nostro oggi, adesso.

Ebbene, occorre sapere che la stessa identica impotenza che mi prende quando guardo le camionette dei morti uscire dagli ospedali, di notte, lo stesso identico sconforto, lo stesso peso porto con me ogni volta che vedo alcuni miei alunni abbandonati, soli, davanti al computer, al cellulare, al telefono, perchè con alcuni posso usare solo la voce.

Carissimi voi tutti che non avete considerato queste solitudini, che sentite tanto o poco scandalo reagendo a questo paragone: sappiate che la solitudine di un bambino in questa scuola strana che a chiamarla "scuola" si fa solo peccato, è la stessa tragedia che ci porta via delle vite e nel modo più drammatico.
E' la stessa, identica solitudine dei nonni che muoiono da soli nelle corsie degli ospedali, con la differenza che questi ragazzetti dovranno in qualche modo continuare a vivere in un mondo che continuerà ad ignorarli giustificandosi con moralismi disgustosi.

Ma io non voglio permettere all'impotenza di offuscarmi la vista. L'inevitabile è una sfida.
Non posso che continuare a lavorare dietro ad un computer, con un telefono in mano cercando dietro agli schermi o dentro un microfono la faccia e la voce dei miei alunni e anche quella dei loro genitori, implorando, se occorre, la loro presenza accanto ai figli. Non è solo questo però.

L'inizio è riconoscere e gridarlo a tutti, che il mio lavoro ha a che fare con la vita, che è prezioso, unico e dannatamente urgente.
Chiedo con tutta la mia voce, a chi di dovere, quindi prima di tutto a me stessa: consideriamo la scuola, per l'amor di Dio, come un luogo dove si potrebbero salvare delle vite umane, le nostre.



COS'E' LA SCUOLA?

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Regime di scuola a distanza. Dato che la pubblica istruzione non può fare a meno degli acronimi: la DaD.
Eh sì, la cosa più noiosa del mio lavoro è leggere articoli di didattica e pedagogia... devo sempre munirmi di qualcosa per decriptare il gergo degli "esperti".
Ok, adesso torniamo alla realtà.
Una domanda che ci stiamo facendo durante questa provocante congiuntura è: cosa fa della scuola "La scuola"?
Mi spiego con un fatterello: da mesi, in mancanza dell'appuntamento quotidiano tra i banchi, ho un appuntamento in chat con gli alunni.
Ce lo siamo logisticamente sudato: orario, durata, accesso, a gruppi o con tutta la classe, presenza dell'adulto.
Ieri la telefonata di una mamma: "adesso che possiamo uscire un po' non facciamo il collegamento, possiamo sentirci in un altro orario da soli?"
La mia domanda è stata "ma se fossimo stati a scuola avrebbe comunque fatto questa richiesta? Mi avrebbe chiesto di far venire sua figlia a scuola in un altro orario perchè durante quello scolastico dovete fare una passeggiata?".
Sono esagerata? In fondo un collegamento di 10 minuti non è certo paragonabile alla frequenza scolastica!
Sì, ma cosa è la FREQUENZA SCOLASTICA?
Compiti? Esercitazioni? Allenamenti? Disciplina? Voti? Spiegazioni?
Sì, ci sono queste cose, ma non una di queste fa "la scuola".

La scuola prima che un luogo di addestramento è un appuntamento con delle persone, un incontro che mi deve permette di crescere, di imparare ad avere coscienza di me e della realtà intera.
Cosa mi ha insegnato la scuola? La scuola non insegna niente, sono le persone che la frequentano e la fanno a rendere la scuola quello che è: un luogo importante per la vita.
Tanto è vero questo che lo sa bene chi, pur frequentando, ha trovato insegnanti incapaci. Per molti di questi la scuola non ha alcuna credibilità.

Come mantenere un simile luogo anche se un luogo non l'ha più?
Frequentando le persone che questo luogo lo vivono, con tutti i mezzi possibili.
Caratteristiche della scuola sono la quotidianità, e la struttura ordinata. Perchè la cultura è come il pane: quotidiana e fatta secondo le regole. Come il pane costruisce la nostra persona, come il pane non va sprecata, come il pane va rispettata.

No, non ti cambio orario e non ti faccio la chat privata. Non sono un precettore, sono una maestra di scuola elementare.
Se scegli di portare tua figlia a passeggio invece di venire a incontrare la maestra e i suoi compagni, ti prendi liberamente questa responsabilità, perché io faccio la maestra e non il cerbero.
La responsabilità di aver mostrato a tua figlia l'inganno di una libertà che è fare quello che si vuole, quando si vuole. E quando tua figlia si accorgerà, a sue spese, che abbandonati a sé stessi e alle proprie voglie non si va da nessuna parte, forse non troverai più le parole per tornare indietro. Sì, perchè la scuola non è il posto dove si educa a parole: la scuola è dove si impara a giudicare la realtà partendo da una ordinata esperienza in compagnia di altri. Il mio compito è quello di fornire ordinate esperienze quotidiane per ragionare in compagnia, e lo devo fare anche se ho solo un computer come mezzo.

Voglio continuare a fare scuola anche se la scuola oggi ha un altro aspetto, ecco perchè posso anche rinunciare ad avere tutti i compiti perfetti e ordinati, ma alla chat quotidiana con tutte quelle faccette che mi aspettano, proprio a quell'ora, io non rinuncio.

Buona passeggiata

"Tusa! guarda sù che i too eoch poden vedè pusee in la' del to nas"

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Stasera ho seguito la messa via YouTube di un sacerdote che tutti i giorni celebra all'aperto in mezzo alle case del suo quartiere. La gente assiste, chi al balcone, chi alla finestra e altri, come me, via internet. 
Mi sono venute in mente le colonne votive di san Carlo nella mia Milano al tempo della peste, quella del 1500, quella di san Carlo appunto, quella scoppiata cento anni prima di Renzo e Lucia.Alcune precedenti san Carlo, altre fatte costruire da lui stesso, nei crocevia, nelle piazze della città. 
Colonne con ai piedi altari e circondate da cancellate. Servivano a celebrare le messe per la gente chiusa in casa dalla quarantena, servivano... appunto. Ma a cosa serve la messa? 
Domanda non inutile e nemmeno così provocatoria quanto spererebbero certi mangiapreti, così comici perchè convinti, nel loro ruvido giudicare, di essere lontanissimi da quell'odiato moralismo in cui si buttano a capofitto appena si sentono in dovere di dirci come dobbiamo vivere e pensare.
A cosa serve la messa? E perchè ostinarsi a volerla fare con la gente? La tua fede non è mica un fatto privato?Domande interessanti.
Ho iniziato a rispondermi con un'altra domanda: ma perchè mai dopo più di due mesi chiusi in casa non vediamo l'ora di stare un po' in mezzo alla gente? Così. Sorpresi di aver nostalgia persino di una coda in tangenziale.
La solitudine non è roba da esseri umani, mica si parla di bigottoni baciapile!
Si, ma perchè la messa?
Allora chiedo aiuto alla canzone di Celentano: 

All'angolo e indifeso
Ti cerco accanto a me
Da soli gli occhi non vedono...
...Ti penso e cambia il mondo
Vivo e affondo
E l'inverno è su di me
Ma so che cambia il mondo
Se al mondo sto con te...

Io non so voi se bastate a voi stessi, ma so che ho bisogno di avere qualcuno accanto a me, perchè a me dà fastidio che il mondo e le cose finiscano in uno sguardo miope e impotente come il mio.
Vivere e sentirsi affondare, alzi la mano chi non l'ha mai provata questa vertigine.
Che cosa vi afferra e vi tira su?
Un pensiero? Una libera e laica opinione o qualcuno accanto?
Forse a qualcuno basterà la sua donna o il suo uomo accanto: l'amore della vita no?!
Ecco, allora io ho bisogno che quel prete sotto la colonna, nel cortile, nella piazza  mi ripeta ancora, ogni giorno, che c'è un tizio nel mondo che mi dice: 
"guarda, tusa guarda sù che i too eoch poden vedè pusee in la' del to nas, la morte non parla per ultima"
Guarda figlia, il mondo va oltre il tuo piccolo orizzonte.
Insomma, non so voi, ma io ho bisogno di qualcuno che mi faccia cambiare la visuale sul mondo.

Per chi volesse vedere le colonne votive di Milano ecco la serie.