i cieli di Piero
Piero Della Francesca.
Il mio adorato, prezioso, geometrico e misterioso Piero.
Il cielo tra Umbria e Toscana, la luce di Piero, l'aria profumatissima. Mancavano solo le onde sinuose delle colline, dove ad ogni curva cambiano i colori, e avrei potuto confondermi con Sansepolcro...ho molta fantasia? No, ho molta nostalgia.
Chi è Piero?
Non lo so!
Piero è l'enigma e la geometria della pittura italiana, Piero è la luce del giorno che accarezza la collina, è l'ombra della notte visitata dal mistero.
Piero sono le Madonne dai gesti contenuti eppure smisurati.
Piero è lo sguardo profondo e distaccato di un angelo che ti conosce ma, discreto, non ti svela.
Piero cammina per le strade del centro Italia e incontra Cristo Risorto che trionfa calmo sul sonno della coscienza umana.
Piero sono i colori della luce prima della luce di Caravaggio.
Oggi Piero è venuto a visitarmi a Milano, e mi ha regalato una mattina di nuvole e cielo tra Urbino e Arezzo.
ciao ciao
da piccoli
Da piccoli si provano i vestiti e le scarpe di mamma o papà per fare le prove del futuro.
Da piccoli si scava nella sabbia perchè si vuole sbucare dall'altra parte del mondo a vedere se il cielo è uguale.
Da piccoli si colora di azzurro solo la parte in alto del foglio perchè il cielo è sopra e noi siamo sotto.
Da piccoli si disegnano gli omini che volano perchè il cielo sarà anche sopra ma noi ci possiamo arrivare lo stesso.
Da piccoli basta un angolo di muro ed una persona che ci guarda e siamo a teatro
Da piccoli lo specchio è un'altra persona che ci guarda e ci manca il suo sguardo.
Da piccoli il tempo è come un mare dove puoi nuotare e fare gli spruzzi.
Da piccoli le parole sono stanze nuove da scoprire.
Da piccoli la sofferenza è un orco cattivo
Da piccoli la sofferenza è uno scarafaggio che posso schiacciare
Da piccoli la noia è un fantasma nel castello
Da piccoli l'adesso è per sempre.
Da piccoli si mangia piano il gelato perchè si ha nostalgia dell'infinito.
Da grandi bisogna ricordarsi di tutte queste cose.
ciao ciao!
about: spettacoli scolastici
Assolutamente non sono contraria, questo va detto per prima cosa, ci ho sbattuto via anche parecchio tempo in scuole teatrali e corsi vari.. e che non devo crederci!?
Solo che nove volte su dieci si confondono le parole educazione con esibizione!
Educazione: scoprire insieme la realtà e magari cercarne il senso, il significato...che c'è, accidenti, ci deve essere se no il mio lavoro è una colossale bugia.
Per educare ho tutti i mezzi che la realtà mi offre, anche il teatro, e il divertimento.
Esibizione: mostrare, esporre.
Dove il secondo è un gesto qualsiasi, mentre il primo è un lavoro bellissimo di sangue e sudore che non lascia mai tranquilli, che esige un cambiamento continuo, che consola e fa morire, che deve lasciare chilometri del tuo spazio a disposizione di un altro, che ha molti, molti attributi in comune con l'amore.
Detto questo pretendo di misurare le due cose: qual è la più affascinante?
Lasciamo stare poi la scoperta di ciò che i bambini devono esporre durante le recite, il più delle volte non è un lavoro, una conquista propria ma più spesso la bravura di qualcun'altro, maestra o mamma che sia.
E' facile facilissimo, strafacile giocare alla televisione, preoccupandoci poi di lamentarci che 'oh...questi bambini quanti cartoni guardano!?' e magari loro si guardano proprio solo i cartoni... tranquilli... a fargli frequentare la scuola della De Filippi ci pensiamo noi!
Il teatro è un gioco prima e poi diventa fascino, il teatro è riflettere su quello che stai dicendo e facendo, il teatro è fingere per liberarsi delle finzioni, il teatro è pensare e giudicare, il teatro è disciplina e ordine come sono ordine e disciplina le regole di uno sport, il teatro è conoscere più sé stessi e il mondo e per questo serve all'educazione.
Facciamo soffrire, si soffrire, un esercito di bambini fino a notte tarda per 10 minuti (10) di palcoscenico e osiamo anche sgridarli se ci chiedono di andare a fare la pipì! Se questa non è follia ditemi voi cos'è!
misericordia!
la carezza di Dio oggi per me sono.... come potrebbe essere diversamente... i miei marmocchi rompi anima e rompighiaccio, il mio ghiaccio.
Io resisto, resisto... ma mi strappano sempre un sorriso... barzellette di Dio per un muso lungo e ostinato!
E' partita una battuta... me ne sono ricordate altre.
Due o tre in fila, non di più... oggi il mio cuore è particolarmente affannato, me ne ricorderò altre...
....maestra posso andare a bere? chè ci ho una sete dalla fame...!
(lavori pomeridiani nell'orto)... si, si maestra, piante di spinaci e pomodori... ma io preferirei una pianta di cotolette!!
(partita di pallone in giardino) ... maestra ma il prato dello stadio di san Siro non ha le margherite?
(la logica c'è..) Fabio: maestra Piero ha
detto c...ne!
Piero: no! ho detto c... ni!
Maestra: e che differenza
c'è?
Piero: c... ni è plurale!!
Pensiero della maestra: adesso mi tocca anche dargli un bel voto in grammatica!!
stupore e attesa
Vorrei guardare la realtà come la guardano questi due, che poi non sono altro che Marc e la sua donna.
Scrutando stupita quello che la finestra dei miei occhi mi riporta del reale, vorrei essere capace di tenere sempre sollevato il velo dei miei timori, delle paure, delle vergogne assurde per poter cogliere il più lieve accento di bene e di vero che mi viene incontro.
E tutto con me sarebbe teso nell'attesa, nell'attenzione mite e desiderosa, come quelle stoviglie sul davanzale, voltate anche loro verso un arrivo misterioso e pieno di promessa.
Nessuna cosa mi sembra amica o nemica in sè stessa, credo sia l'atteggiamento dell'uomo verso il mondo a renderle tali, le cose di tutti i giorni, quelle che maneggia distratto o quelle che tiene nello scrigno del suo cuore...le cose che usiamo ci parlano e dicono agli altri come guardiamo e usiamo il reale.
stupore e attesa,
dietro ai vetri della dacia
s'innalzano verdi
betulle in primavera,
con te io attendo
con te sospiro
come prodigiosa sembra
la nostra piccola casa
il consueto
si volge e si protende
come i nostri sguardi
al mistero del bosco
da cui verrà
lo sento
lo senti
verrà un passo,
una voce verrà
a dirci che il giorno non avrà più tramonto
sul nostro solido
e delicato abbraccio
over the rainbow
un posto dove non cacciarmi nei guai! Però dev'essere un posto oltre la luna, più lontano delle stelle...
ehh si servirebbe anche a me!
dicono che in fondo all'arcobaleno ci sia una pentola piena di monete d'oro, per me il tesoro è già l'arcobaleno... chissà perché?
Ogni volta che lo vedo sono certa, certissima che sia un regalo personale, mooolto personale fatto proprio a me.
Forse è stata quella volta in cui l'ho visto il giorno del mio compleanno, un grande luminoso, nitido arco colorato che attraversava tutto il cielo, sopra una distesa di campi; evento eccezionale anche perché il mio compleanno è in Novembre... avete mai visto un arcobaleno in quella stagione?
Ogni volta che mi capita di vedere l'arcobaleno è sempre dopo un fatto che mi ha reso un po' triste... ed ecco che qualcuno mi chiama
'ehi! guarda su! non fare il muso! guarda cosa ti regalo?'...
è più che ricevere un mazzo di fiori... è il cielo che fiorisce per me!
grazie!
Pensieri in viaggio
Il treno ha una sua poesia. Non riesco a fare niente in treno se non schiacciare il naso sul finestrino e guardare, ascoltando musica. A malapena sopporto la conversazione, mi pare di perdermi le migliaia di possibilità che corrono fuori.
Il treno, dicevo, ha una sua poesia. Forse sarà come una metafora, le famose metafore del dolcissimo postino di Neruda.
Passi davanti ad una casa, intravedi persone e ti chiedi se mai quelle vite ti potranno mai incrociare ancora. Chi sono? Quali desideri, dolori, gioie vivono? Quali possibili amori ti sei persa?
Questi pensieri malinconici per fortuna lasciano il posto alla meraviglia di fronte ad un paesaggio, al respiro di un orizzonte che si apre largo e sereno.
Ma in fondo rimane una nota insistente, sulle migliaia di possibilità che la vita offre o che nella vita si perdono, vorresti ricordare tutti, tenere tutti nel confine del tuo abbraccio... ma come si fa? Poi pensi alle vite che per qualche strano percorso si sono incrociate con la tua. Il treno si è fermato ad una stazione, qualcuno che fino a ieri era sconosciuto oggi per te è diventato importante, come un dono inatteso, immeritato, grande.
Avrebbe potuto essere un altro, e invece ha proprio quei lineamenti, quella storia. E' salito sul tuo treno, ringrazi Dio e anche se continui a guardare dal finestrino, vedi alle tue spalle il riflesso gentile e rassicurante della sua figura.
Che strana poesia ha il treno!
Alcesti o del desiderio di eternità
Tragedia di Euripide, tra le più antiche ispirata ad uno dei miti più toccanti della tradizione greca.
In poche parole Admeto avrebbe dovuto morire per volere degli dei, o sopravvivere a condizione che qualcuno fosse morto al suo posto.
Senza nulla chiedere, se non un devoto ricordo, Alcesti dona la propria vita per l'amato... il quale non brilla proprio di chiara intelligenza, insomma vengono dei dubbi legittimi che ne sia degno ma, ed ecco la prima sorpresa, pare che questo non sia affatto un problema.
Lascio perdere tutte le faccende che riguardano eros e thanatos, amore e morte, devozione, dono di sè eccetera eccetera... anche perché non ne saprei un ciffolo! La cosa che mi colpisce è che in tutto il testo, anche nelle parti in cui emerge chiara la pochezza e meschinità dell'uomo, c'è un grido desideroso di vita e di vita eterna, per sempre.
E la vita cosa sarà mai se non un dono di qualcuno che ci vuole bene tanto tantissimo?
Secoli prima di Cristo un'altra profezia di Cristo sgorgata dal cuore stesso dell'uomo: il grande e commovente desiderio di essere così amati da poter vivere per sempre, il grande e commovente desiderio che l'amato viva per sempre.
Gli dei della grande Grecia non si curavano molto di tutto questo, potevano esserne toccati ma non coinvolti e commossi...
Alcesti pur tornando dall'Ade, e con lei Admeto, saranno comunque arrivati alla fine dei loro giorni, Alcesti, pur donando tutta sè stessa, non è in grado di rispondere alla sete infinita del suo cuore e di quello del suo uomo, perché siamo poveri uomini e chiediamo l'impossibile... per gli uomini, ma....
The African Children's Choir
Walking In The Light of God
This little light of mine,
I'm going to let it shine.
This little light of mine,
I'm going to let it shine.
This little light of mine,
I'm going to let it shine,
Ev'ry day, ev'ry day,
Ev'ry day, ev'ry day,
Gonna let my little light shine.
The African Children's Choir
spettacolo fine anno... cantiamo e balliamo questa!!! siamo o no degli audaci!? oooh yesss!!
fateci gli auguri...
ciao ciao
cosa scrivi maestra?!!
Discipulus
Sei come il vento di monte
quando sul monte è primavera
freddo e luminoso
ardente e lontano
ti guardo dalla valle mentre
sollevi l’ultima neve delle cime
giovane volo che scopri
lo spazio fuori dal nido.
Sei come il vento di mare
quando sul mare si culla l’estate
brezza che ristora
fresco e ribelle
ti guardo dalla riva mentre
sospingi gentile e deciso la vela
giocando a scompigliare
i candidi capelli delle onde.
E resto a valle mentre metto mano
al tuo futuro
ti vedo già dove ancora non sei.
E resto sulla riva mentre canto
il tuo domani
ti sento già in quello che ancora non dici.
Mio duro e bellissimo ‘adesso’
dove guardo i tuoi piccoli passi
come la promessa di un bel giorno
che non vedrò.
Ma tu continua a pronunciare lieto
le tue prime parole nel mondo
non pensare alla mia fatica
perché li vedo, sai,
i tuoi passi sulla strada
dentro le scarpe
dell’uomo che sarai.
perché? perché voglio la luna
Leggi una notizia sul giornale, ti pestano i piedi in metropolitana, ti danno da fare un lavoro totalmente irrazionale... e devi farlo... guardi una cosa bella e ti si stringe il cuore come se la nostalgia di qualcosa che non puoi avere ti togliesse il respiro... qual è il rimedio che subito ti dai? Fare altro, lasciar perdere, distrarti... non domandare più. Perché se chiedi il perché a chi ti sta di fronte nel migliore dei casi ti senti rispondere che rompi le scatole: "fai e stai zitta che così ne usciamo prima...", se lo chiedi a te stesso è come affacciarsi sul vuoto e sentire il rimbombo della tua voce che scende, scende, scende dandoti la misura del profondo mistero verso cui gridi.
A volte ti sembra di essere proprio fuori, forse pretendo l'impossibile, forse sono davvero idiota...
Ma io non sono soddisfatta, non sono venuta al mondo per scaldare la sedia, non spendo il mio tempo al lavoro solo perché in qualche modo lo devo occupare, salvo poi lamentarmi con l'ente superiore perché mi impone compiti che non mi piacciono.
La prima lotta è per non smettere di essere uomini cioè di domandare.
E allora mi spiace io continuo a rompere le scatole ai miei colleghi perché se anche una cosa la devo fare vorrei sapere se e dove posso mettere la mia ragione, non solo il mio sudore.
"…Come si può continuare a vivere con le mani vuote quando prima stringevano l'intera speranza del mondo?…Mettersi d'accordo con la vita. Darsi delle ragioni, scegliersi un'esistenza tranquilla, consolarsi. Non è per Caligola."
Elicone: Buon giorno Caligola.
Caligola: Buon giorno Elicone.
Elicone: Sembri affaticato.
Caligola: Ho camminato molto.
Elicone: Sì, la tua assenza è durata a lungo.
Caligola: Era difficile da trovare.
Elicone: Che cosa?
Caligola: Ciò che volevo.
Elicone: E che volevi?
Caligola: La luna.
Elicone: Che?
Caligola: La luna. Sì, volevo la luna.
Elicone: Ah, e per fare cosa?
Caligola: E' una delle cose che non ho.
Elicone: Sicuramente. E adesso È tutto a posto?
Caligola: No, non ho potuto averla. Sì, ed è per questo che sono stanco. Tu pensi che io sia pazzo.
Elicone: Sai bene che io non penso mai. Sono troppo intelligente per pensare.
Caligola: Sì, d'accordo. Ma non sono pazzo e posso dire perfino di non essere mai stato così ragionevole come ora. Semplicemente mi sono sentito all'improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano soddisfacenti.
Elicone: E' un opinione abbastanza diffusa.
Caligola: E' vero, ma non lo sapevo prima. Adesso lo so. Questo mondo così com'è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell'immortalità , di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo.
Elicone: E' un ragionamento che sta in piedi. Ma, in generale, non lo si può sostenere fino in fondo, non lo sai?
Caligola: E' perchè non lo si sostiene mai fino in fondo che non lo si sostiene fino in fondo. E non si ottiene nulla. Ma basta forse restare logici fino alla fine.
Elicone: Io so ciò che pensi. Quante storie, per esempio per la morte di una donna.
Caligola: No, Elicone, non È questo. Mi sembra di ricordare, È vero, che alcuni giorni fa È morta una donna che io amavo. Ma cos'è l'amore? Poca cosa. Questa morte non è niente, te lo giuro. Essa è solo il segno di una verità che mi rende la luna necessaria. E' una verità molto semplice e perfettamente chiara, un pò stupida forse, ma difficile da scoprire e pesante da portare.
Elicone: Ma, in fin dei conti, qual è la verità , Gaio?
Caligola: Gli uomini muoiono e non sono felici.
Elicone: Andiamo, Gaio, questa è una verità con la quale ci si può benissimo arrangiare! Guardati attorno; non è questa una verità che impedisca loro di mangiare, per esempio.
Caligola: Allora è che tutto attorno a me è menzogna. E uno che mangia carne così è un mentitore. E io voglio che si viva nella verità . Da imperatore voglio che si viva nella verità , e io ho proprio i mezzi per farli vivere nella verità , poichè io so ciò che manca loro, Elicone. Sono privi di conoscenza e manca loro un professore che sappia ciò di cui si parla.
Elicone: Non offenderti, Gaio, di ciò che ti sto per dire, ma dovresti prima riposarti un po'..
Caligola: Non È possibile. Non sarà mai più possibile: dopo aver viste queste cose non è più possibile.
Elicone: Perché dunque?
Caligola: Ascolta, Elicone, sento dei passi e un rumore di voci. Non parlare e dimentica di avermi appena visto.
Elicone: Ho capito.
Caligola: E, ti prego, aiutami ormai.
Elicone: Non ho ragioni per non farlo, Gaio, ma non so molte cose e poche mi interessano. In che cosa ti posso aiutare?
Caligola: Nell' impossibile.
Elicone: Farò del mio meglio. Buon giorno Caligola.
(Albert Camus 'Caligola')
nonna blues
'che dici mamma un po' di musica?'
'ma certo!'
due sono le ragioni (più che adeguate gente!) per alzare il volume: la sordità della suddetta genitrice e l'esigenza della sottoscritta di cogliere i bassi, acchiapparli e farsi shekerare ben bene prima che il ciclista lì davanti non passi un brutto momento.
Sorpresa! Un blues di quelli tosti... ci muoviamo a tempo... con la coda dell'occhio vedo la nonna in battere e levare... con mani e... testa! '...accidenti mamma sembri la sorella di B.B. King!'
'chi è questo signore?'
'Il nonno di Eric Clapton' rispondo divertita
'aaah beh!' chissà cos'ha capito?
'mamma non è un tenore, è 'mano lenta' the god'
'non dire parolacce!'
La signora se ne intende di tante cose, di musica specialmente, ma le sue frequentazioni sono piuttosto da '...mi chiamano Mimì...', ed ora dopo anni di conoscenza reciproca che mi tocca scoprire? Il lato blues di mia madre!
'senti? questo è sincopato...'
Scatta una lezione estemporanea sulle strutture musicali; in mezzo al traffico immobile solo noi ci muoviamo...
'i due quarti si battono così... mentre i sei ottavi devi farli così...'
'...no, non segui bene... ascolta questo... non è difficile, è tutto uguale!' e via di tamburo sul cruscotto!'
Un signore sulla macchina di fianco non si capacita: anche con i finestrini chiusi si sente un suono non proprio da ninna nanna e... la signora sembra più Willy 'big eyes' Smith che non una gracile e canuta vecchietta.
Arrivate, posteggio... scendiamo dalla macchina canticchiando insieme 'eeeeverybody need somebody..!'
Cosa mi tocca vedere! 'Big Little Mama Blues' sarà presto invitata al Blue Note... ragazzi non fate scherzi... l'impresario sono io, perciò... prima passate da me!
L'uccellino e la farfalla
Non chiedeva molto alla vita, volava per acchiappare qualche piccolo insetto, si riposava all'ombra di qualche frasca e... cantava.
Un giorno però, l'uccellino non uscì dal suo nido, nessuno si accorse subito della sua mancanza, i leprotti continuavano a saltellare qui e là in cerca di radici ed erba, le volpi si pavoneggiavano nelle loro morbide e lunghissime code, le fronde continuavano a cullarsi alla dolce carezza del vento. Però ad un tratto il bosco si fermò... mancava qualcosa, si qualcosa ma... che cosa?
Mancava il canto dell'uccelletto che faceva sempre da sottofondo vivace e gentile all'opera di tutti.
E tutti cominciarono a preoccuparsi, era una piccola mancanza, avrebbero vissuto anche senza quella musica... ma si può davvero vivere senza la musica?
Incaricarono una farfalla: "tu che sei abbastanza piccola e sai volare" disse la grande Quercia Madre " vai a cercare l'uccellino nel suo nido, e vedi cosa gli è successo"
La farfalla, la più bella e colorata farfalla del bosco agitò le sue bellissime ali delicate e volò leggera verso il ramo dove stava il piccolo nido. Sembrava un fiore di seta, un piccolo arcobaleno che frullava tra i raggi di sole sfuggiti alla barriera fitta dei rami. Un po' si vedeva, e un po' dopo si perdeva alla vista. Infine arrivò, si posò elegante e silenziosa sul bordo del nido, si chinò appena come danzando e chiamò l'uccellino.
La bestiola alzò il capo e guardò quella meraviglia che come un dono inatteso si era degnata di bussare alla sua dimora.
Per un poco nessuno dei due aprì bocca, stupiti dello stupore l'uno dell'altro.
Fu la farfalla a parlare per prima: "cosa ti succede? tutti gli abitanti del bosco mi hanno mandato a chiamarti"
"e perchè mai di grazia?" rispose l'uccellino un po' affannato dalla sorpresa
"perchè non canti più la tua musica?"
"ma la mia musica non serve a nulla... vedi? Gli alberi producono frutti e ombra, tu dai allegria, colore e luce al bosco che sarebbe freddo e cupo senza la tua bellezza... ma io, che faccio io... canto e perdo tempo. Non servo proprio a nessuno"
"Proprio no, amico mio" rispose decisa la farfalla "noi tutti abbiamo bisogno della tua musica. Come credi che ci ricorderemmo che siamo creature, che tutto quello che abbiamo ci è stato donato, chi meglio del tuo canto sa parlare al nostro cuore quando siamo tristi o allegri? Cosa meglio del tuo canto ci dona l'energia per il nostro muoverci e lavorare? E come potremmo mai vivere senza la tua musica?"
Dopo quelle accorate parole l'uccellino si alzò, guardò l'amica con infinita gratitudine e... spiccò il suo volo cantando.
Il bosco tutto sospirò di sollievo, e mai mai la farfalla volò più con tanta grazia.
"Bene, tutto è tornato in ordine" disse la Quercia Madre con sussiego "possiamo tornare al nostro lavoro".
concerto per arpa e flauto K 299 Berliner Philharmoniker
le notti di maggio
come questa che
ci si puo'
aspettare se non
una canzone
per farsi
ricordare
da te
per farsi
ricordare da te
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