La mia terra

Oggi sono stata a Pavia. Piccola città con una grande storia. Bella. Sotto il sole d'autunno. Rilassata. Di  domenica. Sotto il sole d'autunno.
Visita a San Michele, chiesa di re e imperatori. Imperatori di quella cosa che poi avremmo chiamato Europa. Di qui sono passati. Qui hanno chinato la testa in un gesto forse simbolico, ma che serviva a ricordare loro che senza l'aiuto di Dio l'uomo, tutti gli uomini, pezzenti o imperatori, santi o peccatori farebbero cilecca, cilecca a far bene o a peccare alla grande.... cilecca comunque.
Ne è passato di tempo sotto i ponti di Pavia! Ne ha viste di lotte questa piccola incantevole città.
Ho ripensato a tutte le città d'Italia che ho visto e camminato. Come Pavia tutte: storia, arte, lotte anche tra fratelli, odio, rancori, gelosie e poi lavoro, opera, bellezza, sfida coraggiosa o incosciente al tempo e alle avversità sue.

Amo la mia terra. E se non ne conoscessi anche le brutture penso che la amerei di meno. So della meschinità di cui siamo capaci ma non mi scandalizza, niente giustificazioni, ma nemmeno svendita al miglior offerente. Nessuna, ma proprio nessuna vergogna. Sono una svergognata amante della mia terra.
Perchè la vergogna è il seme del tradimento, la vergogna è frutto della dimenticanza, figlia dell'ignoranza, ma di quella figliolanza abbandonata, orfana, senza alcuna appartenenza e perciò pronta ad essere schiava del primo mercenario prepotente.

Chi ride dell'Italia oggi, chi fa festa in questo difficile momento dell'Italia di oggi sono soggetti di due tipi: gli ignoranti con la memoria corta che aspettano di essere salvati senza spendere una goccia di sudore, o i falchi che ne conoscono bene il valore e se la vogliono comprare a poco prezzo.

In tutto questo chi ancora dichiara di vergognarsi di essere italiano, e solo per le colpe di qualcun altro, si chiama fuori dalla propria storia, fuori dalla propria terra... Bene, libero di andarsene a sputare sentenze per il mondo, ma dubito che prima o poi avrà la libertà di appartenere a qualcuno, dubito che potrà mai dire 'io' a sè stesso o 'mio' a qualcosa, dicendolo come solo sa dirlo un uomo libero, forse ferito, forse meschino, povero e limitato ma libero.

In questi giorni mi sono fatta una certa idea: credo che i perfetti, alla fine, non abbiano una patria. Ecco chi sono i poveretti.



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