Il diamante di Piero

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Piero e la luce, Piero e i cieli di Toscana, Piero e il colore, Piero e la geometria.
Piero della Francesca.
Qualche illustre critico lo ha detto ‘sintesi’: il colore dei veneti e la linea dei toscani.
Come se le due grandi scuole italiane convergessero come linee di una prospettiva lì, nel punto esatto dello spazio dove lavora Piero.
La geometria di Piero non è calcolo che spegne l’unico e l’irripetibile, anche gli esseri umani sono costruiti su calcoli precisi, eppure non ne trovi uno uguale all’altro. La geometria di Piero si addentra nel reale, scandaglia il paesaggio, traccia linee come a cercare l’impalcatura che regge la creazione, e lascia intatto il colore, dando alla luce quel tratto di mistero lento a mostrarsi e inesorabile. Una presenza che è da sempre ma che improvvisamente ti sorprende. Eri distratto da qualcosa ed ecco che ti accorgi di qualcuno, lì, seduto, in silenzio: ‘ti aspettavo’.
Anche le battaglie più violente in Piero sono al ‘rallenty’, una sorta di moviola della storia dell’arte. Vedi passare i pensieri da quegli sguardi, non comprendi tutto ma i pensieri è come li vedessi. Le mani, i torsi, le smorfie e gli zoccoli dei cavalli, torri e mura di città, case e colline in lontananza, tutto passa e ripassa con lenta andatura sotto lo sguardo che scorre da un piano all’altro, senza stanchezza, senza fretta. Cristo risorge possente prendendosi tutto il tempo necessario al prodigio, vedi i muscoli degli arti nel loro lento contrarsi e distendersi, senza fatica, senza ansia di rivalsa, è in questa lentezza tutta la gagliarda signoria dell’evento, tutto il dominio pietoso e forte sulla nostra scontata condanna. E il mondo ancora dorme il sonno dell’impotenza mentre qualcun altro pensa a liberarlo: letteralmente una nuova creazione.
E tu che osservi ti domandi se per arrivare a questa atmosfera di pace e splendore occorre dimenticare qualcosa, qualche dolore, qualche cattivo pensiero.
No, Piero non mi fa dimenticare la vita reale per regalarmi un esotico e fumoso mistero.
La pittura di Piero è davvero un diamante, non grezzo, lavorato con studio e mestiere, un diamante che taglia la scorza più dura delle cose, per aprirne una sottile fessura... non sei curioso di vedere cosa c’è dentro?

Keats

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'Una poesia deve essere compresa attraverso i sensi. Lo scopo di tuffarsi in un lago non è di nuotare immediatamente a riva, ma di restare nel lago assaporare la sensazione dell'acqua.

Non si comprende il lago, è un'esperienza al di là del pensiero.

La poesia lenisce l'animo e lo incita ad accettare il mistero'

(Bright Star)




THE TIME HAS COME

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Islands
THE TIME HAS COME

A thousand years they waited for
someone who would be true,
and now the empty years've passed;
the sunlight shines anew.

Someone who knows no fear,
I feel him near;
the child was born to be a king …
and the time has come.

He tamed the wild wind when he passed,
the birds and beasts he knew;
until he came to rest at last,
the tall gates he passed through …

And now the story's just begun,
a thousand years to stay;
we wake each morning with the sun
to live our dreams away …

Someone who knows no fear,
I feel him near;
the child was born to be a king …
and the time has come.






una stella...un desiderio

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Notte di s. Lorenzo, da bambini, in campagna. L'estate è lunghissima, la vita è lunghissima, il tempo dell'infanzia è lunghissimo e noi siamo impazienti di crescere. Era giusto così. E' come se il tempo della vita acquistasse una progressiva accelerazione... chissà se è solo una sensazione oppure si può calcolare scientificamente?
Comunque eravamo in campagna. S. Lorenzo, festa del paese. Caldissimi pomeriggi di silenzio e cicale. Tutti riposano al fresco delle altissime stanze, in una vecchia casa padronale dai muri trasudanti tempo e umidità. Solo noi bambini siamo svegli. Qualcuno ha anche tentato di portarci a dormire, ma dormire per noi significa perdere tempo, potrebbe accadere qualcosa senza di noi! Il mondo potrebbe divertirsi e noi non ci siamo!
L'erba del prato non è neanche più verde, secca, calda e pungente sotto i nostri piedini scalzi. Le risate e le grida sono soffocate.... prima che si svegli lo zio! Stasera ha il turno di notte, alla Montecatini di Ferrara non si fermano mai. Quando penso allo zio, ancora oggi che è un bel nonno in pensione, me lo immagino sempre con la scatola del pranzo in mano, quella di ferro con l'apertura a scatto, in partenza per il lavoro ad ore impossibili.
Il caldo non ci ferma. Troviamo un angolo all'ombra dove costruire la nostra capanna, un ombrellone da giardino, due lenzuola vecchie, un po' di mollette da bucato: ecco il nostro rifugio. Può diventare di tutto: un veliero, una casa, un castello, una zattera sperduta in mezzo al mare. Saccheggiamo il frigorifero... abbiamo bisogno di viveri per la cambusa!
Il via vai fa agitare Bengy... chi è Bengy? Scritto proprio così? B-E-N-G-Y... è il cane dei miei cugini...l'ennesimo Bengy. Cambia il cane ma il nome è sempre quello, anche oggi... dovrebbe essere Bengy VIII... una dinastia vera e propria.
Comunque lo sa che se abbaia lo cacciamo via, si limita ad inseguirci scodinzolando a ventilatore!
Pomeriggio di calura, capriole, salti, fantasie e giochi fino allo sfinimento.
Finalmente il sole allenta un poco la sua morsa, l'ombra prende più spazio. La zia si affaccia alla porta 'merenda!' è il segnale che possiamo finalmente alzare la voce.
Corriamo a sederci sul grande sasso di fronte al pollaio, distribuzione di pane e pesche. Il pane è quello di Ferrara, le 'coppie', filoni attorcigliati di pasta croccante con un cuore morbido e profumato, assolutamente indescrivibile.
Le pesche sono vellutate, gialle e rosse, profumatissime. Prima di addentare mi lascio accarezzare le guance dalla fresca pelle di quei frutti, mi riempio i sentimenti di quel profumo e intanto l'acquolina reclama impaziente un morso di quella delizia: il desiderio di infinito della mia infanzia ha il sapore di una pesca succosa che non finisce mai.
Si affaccia al reticolato di confine la signora Cestari, la padrona di casa, ha tra le braccia un enorme cesto pieno di prugne e albicocche, l'immagine dell'abbondanza e della gratuità. Quando penso alla dea dell'abbondanza con la cornucopia non mi viene in mente una bella fanciulla... ma l'allegra e sformata signora Cestari!
Ci regala altra frutta.
Sul grande sasso spacchiamo i noccioli delle albicocche per mangiarne il cuore a forma di mandorla.
Con i noccioli delle pesche invece facciamo un gioco di abilità e sveltezza di mano... io vinco sempre perchè mi sono allenata in colonia, contro un intero squadrone di avversari!
Il pomeriggio è ancora lungo ma adesso si può anche gridare.
Sudati e sporchi di terra e polvere veniamo alla fine infilati a turno nella tinozza azzurra, quella di plastica, quella grande con i manici. Nella casa della nonna non c'è ancora la vasca nè la doccia, esiste un secchiaio di pietra rosa dove si lavano i piatti e dove è perennemente appostata la gatta in attesa della fuga di qualche topolino.
Dopo le nostre 'abluzioni', non certo tranquille, il pavimento della stanza è una pozzanghera insaponata, e la zia un'allegra mamma sudata... non ho mai conosciuto una donna con una simile dose di pazienza!
Lavati, imborotalcati, dentro i nostri rigidi abiti puliti non siamo ancora arrivati alla fine... è l'ora in cui abbiamo finalmente il permesso di inforcare le biciclette e correre sull'argine.
Saluti e baci.... non ci rivedranno che al primo buio, per la cena.... si vedrà!
Ma stasera è la sera del 10 agosto, stasera è s. Lorenzo, ci sono pure i fuochi d'artificio... mi sa che faremo una puntatina veloce a casa per la cena e poi di nuovo in giro per il paese.
Il tramonto sul Po per me ha il profumo delle stoppie bruciate e del borotalco che ho addosso.
Il tramonto sul Po ha per me il ricordo di una promessa, la sensazione di una grande aspettativa, l'ansia di una attesa ai blocchi di partenza.
Il sole è calato, il fresco della sera sul fiume lento e luccicante ha acceso nel cielo tanti puntini d'argento, non ci puoi fissare a lungo lo sguardo puntando su una stella sola, prima la vedi baluginare, traballa e poi ti sfugge. Abbracci tutto il cielo e più lo guardi più si popola di stelle. Affondi gli occhi e prepari i tuoi desideri... quanti sono? Ma quanti? Dovrebbero cadere tutte le stelle per esaudirli tutti. E qual è il primo? Quello più importante?
Ecco! Ho visto una stella cadente!
Dove?
Anch'io!
Anch'io!
Silenzio, siamo tutti sdraiati sull'erba con il naso appiccicato al cielo e le pupille come frecce puntate per cogliere la mossa della sorte.
Oggi ripenso ai miei desideri di allora, qualcuno si è avverato, qualcuno no, ma dalle mie tasche non hanno ancora finito di uscirne, e finchè ce ne saranno, il tempo, che passi lento o veloce, non potrà ancora dirsi finito...grazie a Dio!
ciao ciao!

'El mé Milan'

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Oggi ho fatto la turista nella mia città. Che bella sensazione! E' stato come fermarsi a guardare più da vicino, con tenerezza e stupito silenzio, il viso di un amico che eri sicuro di conoscere bene.
Mi piace camminare per il centro, sempre mi capita di farlo un po' trafelata, da... milanese appunto, ma anche così mi piace, tanto.
Oggi ho passeggiato, lentamente. L'occasione è stata la richiesta di un'amica che deve fare l'esame per guida turistica. E ha chiesto a me... che ridere! L'unica mia credenziale? L'amore incondizionato per la mia Milano.
Allora: Duomo!
Lo sapevate che per terra sul sagrato c'è disegnato il perimetro dell'antico battistero dove ha ricevuto il primo sacramento S. Agostino?
Lo sapevate che all'ingresso del Duomo c'è la meridiana con i segni zodiacali?
Lo sapevate che il numero delle colonne è esattamente uguale a quello delle settimane che ci sono in un anno?
Lo sapevate che la lucina rossa piccola piccola là in alto sopra l'abside indica la reliquia del Santo Chiodo della Croce? E... santo bisogno cattolico degli uomini di avere dei segni tangibili per appoggiare la vita tanto da moltiplicare anche il numero dei chiodi della croce.... quanti se ne contano in giro per la cristianità? Quante braccia e gambe avrebbe dovuto avere Cristo?
E l'uso della 'Nivola' per andare a prendere la reliquia durante la festa dell'Esaltazione della croce?
E sapevate che a Milano c'erano il circo, l'anfiteatro, le terme e il palazzo imperiale?
E sapevate che l'anfiteatro non c'è più perchè i milanesi stessi l'hanno demolito per difendere la città dai barbari e che un po' di quelle pietre adesso si chiamano S. Lorenzo alle Colonne?
Lo sapevate che la facciata del Duomo è stata costruita anche grazie all'impegno di gruppetti di giovani che andavano in giro per la città a raccogliere soldi cantando e ballando?
Lo sapevate che il simbolo della città non è sempre stato il 'biscione' e che il nome 'Milano' non è proprio detto che derivi da Mediolanum... e che una traccia di questo mistero si può trovare nella bellissima piazza Mercanti?
Potrei organizzarvi una caccia al tesoro!!
Oggi ho visto famiglie di turisti stranieri che si aggiravano per la mia città. Non erano qui per 'lavurà', non erano qui per 'affari' e neanche per la moda... erano qui per vedere qualcosa di bello.
Allora mi sono messa in mezzo alla piazza, proprio di fronte al Duomo, ho tirato su il naso, mi sono riempita gli occhi di una cosa che conosco come la faccia di mia madre, e ho fatto la mia ennesima dichiarazione d'amore a quella bellezza di marmo, bella sotto il sole, bella di notte e bella anche nella nebbia. Noi milanesi siamo così, frettolosi e poco simpatici magari, ma sotto sotto innamoratissimi della nostra città.

William Congdon: gli occhi di un pittore

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Parlare di Congdon è come scalare una montagna... e io soffro di vertigini, ho il fiatone e non possiedo un paio di scarpe adatte.
Perciò prendo la funivia e mi faccio portare... parole autorevoli e notizie sicure si possono trovare qui.

Come sempre io racconto della mia esperienza, di un brevissimo e stupito incontro con William Congdon negli ultimi anni della sua vita.
Sinceramente non ho mai capito molto di tutte le cose che ho sentito dire di lui... e anche di quello che diceva lui stesso a proposito della sua arte, dei suoi 'figli', come chiamava i suoi quadri.
Nei pochi e fugaci incroci che ho avuto con lui, vedendolo per caso da amici, o in qualche meeting culturale, mi è sempre sembrato un tipo bizzarro e inafferrabile.
Una volta però ho ricevuto un regalo.
Estate, bassa pianura, in giro con la mia amica africana per farle salutare i suoi amici monaci. Caldo, silenzio, stupore e pazienza. Finito l'incontro con i benedettini sogno un po' di frescura e la fuga dalle zanzare campagnole.
'Ma qui abita Bill!!?'
'Si, Rose. Qui abita e lavora Bill'
'Andiamo a salutarlo'
Panico! Io non sono proprio una che si può dire coraggiosa. Ho soggezione anche dei sassi. Le fughe all'inglese sono il mio forte... ma la ragazza insiste.
'Guarda che mica mi conosce... se suono il campanello niente di più facile che ci caccino via!'
'Ma dai, proviamo... suona tu...'
Si, perchè l'amica africana è fatta così... molta iniziativa e poi ti fa tuffare sempre per prima... gli amici!!
Mi rassegno, chiudo gli occhi e pigio il campanello.
Ci viene ad aprire un ragazzo straniero, ci accoglie sorridente e con un bel punto di domanda stampato in fronte.
Adesso che gli dico?
Con l'aria più idiota e ingenua di questo mondo arruffo che...'siamo amiche di Bill... passavamo di qui (il che è già una bella fesseria perchè quel posto non è propriamente come piazza del Duomo)... ci siamo chieste se potevamo salutare Bill'
Faccio annunciare la Rose, e qui non si tratta di fifa, è solo perchè il mio nome non significherebbe niente, mentre lei ormai è conosciuta da mezzo mondo.
Mossa efficace!
Dalla stanza accanto sentiamo una voce moltissimo americana che chiama:
'Oh! Africa vieni avanti!'
Ok, mando avanti l'Africa e io mi caccio nel primo angolino buio che trovo.
Il sorriso di quell'uomo però mi attrae, e non solo il sorriso, gli occhi. Gli occhi allegri di un vecchio bambino. I due si abbracciano come compagni di avventure e io mi guardo intorno. Quadri, libri e luce.
Mi infilo in uno strettissimo corridoio dove su due lunghe mensole sono appoggiati dei quadri, pastelli delicatissimi. Sono davvero come figli suoi, bambini che mi fanno strada in casa loro.
Mi guardo intorno cercando di stampare bene nella memoria quello che vedo.
La famosa finestra sugli umidi campi della bassa, i mobili scuri e grezzi, le pile di libri, qualche strumento del mestiere e poi ancora la sua faccia. Mi accorgo che mi sta guardando con simpatia, e davvero sono un po' imbarazzata, se potessi gli chiederei mille cose... ma non mi viene in mente un ciffolo di niente: blocco totale. Ma perchè cavolo mi guarda così?
Indosso una di quelle magliette comprate al mercato per pochi soldi, vedo che la fissa con stupore, mi guardo addosso... 'che bei colori!' mi dice con un bellissimo sorriso.
La visita è breve, allegra ma breve.
Usciamo, contente di aver osato, ed io sono assolutamente basita. Di tutto quello che ho visto e che avrei voluto chiedere mi rimane in mente uno sguardo. E' questo quello che posso chiedere ad un artista, non cercare di capire i dettagli tecnici di un metodo o di una filosofia... non ci arrivo. Ma guardare come guarda, guardarlo proprio, vederlo guardare.
Io non ho mai capito granchè di Congdon e dei suoi magnifici quadri. Una cosa però non dimentico: lo sguardo di un bambino che si stupisce di cose che passerebbero inosservate. Come se lasciarsi ferire dalla realtà fosse non perdere occasioni per stupirsi.
Osare e non nascondersi davanti al rischio di un contraccolpo perchè la vita abbia gusto.
Non era santa Teresa che diceva 'io mi innamoro anche di una piuma!'... o qualcosa del genere?
Grazie Rose e grazie Bill!