William Congdon: gli occhi di un pittore



Parlare di Congdon è come scalare una montagna... e io soffro di vertigini, ho il fiatone e non possiedo un paio di scarpe adatte.
Perciò prendo la funivia e mi faccio portare... parole autorevoli e notizie sicure si possono trovare qui.

Come sempre io racconto della mia esperienza, di un brevissimo e stupito incontro con William Congdon negli ultimi anni della sua vita.
Sinceramente non ho mai capito molto di tutte le cose che ho sentito dire di lui... e anche di quello che diceva lui stesso a proposito della sua arte, dei suoi 'figli', come chiamava i suoi quadri.
Nei pochi e fugaci incroci che ho avuto con lui, vedendolo per caso da amici, o in qualche meeting culturale, mi è sempre sembrato un tipo bizzarro e inafferrabile.
Una volta però ho ricevuto un regalo.
Estate, bassa pianura, in giro con la mia amica africana per farle salutare i suoi amici monaci. Caldo, silenzio, stupore e pazienza. Finito l'incontro con i benedettini sogno un po' di frescura e la fuga dalle zanzare campagnole.
'Ma qui abita Bill!!?'
'Si, Rose. Qui abita e lavora Bill'
'Andiamo a salutarlo'
Panico! Io non sono proprio una che si può dire coraggiosa. Ho soggezione anche dei sassi. Le fughe all'inglese sono il mio forte... ma la ragazza insiste.
'Guarda che mica mi conosce... se suono il campanello niente di più facile che ci caccino via!'
'Ma dai, proviamo... suona tu...'
Si, perchè l'amica africana è fatta così... molta iniziativa e poi ti fa tuffare sempre per prima... gli amici!!
Mi rassegno, chiudo gli occhi e pigio il campanello.
Ci viene ad aprire un ragazzo straniero, ci accoglie sorridente e con un bel punto di domanda stampato in fronte.
Adesso che gli dico?
Con l'aria più idiota e ingenua di questo mondo arruffo che...'siamo amiche di Bill... passavamo di qui (il che è già una bella fesseria perchè quel posto non è propriamente come piazza del Duomo)... ci siamo chieste se potevamo salutare Bill'
Faccio annunciare la Rose, e qui non si tratta di fifa, è solo perchè il mio nome non significherebbe niente, mentre lei ormai è conosciuta da mezzo mondo.
Mossa efficace!
Dalla stanza accanto sentiamo una voce moltissimo americana che chiama:
'Oh! Africa vieni avanti!'
Ok, mando avanti l'Africa e io mi caccio nel primo angolino buio che trovo.
Il sorriso di quell'uomo però mi attrae, e non solo il sorriso, gli occhi. Gli occhi allegri di un vecchio bambino. I due si abbracciano come compagni di avventure e io mi guardo intorno. Quadri, libri e luce.
Mi infilo in uno strettissimo corridoio dove su due lunghe mensole sono appoggiati dei quadri, pastelli delicatissimi. Sono davvero come figli suoi, bambini che mi fanno strada in casa loro.
Mi guardo intorno cercando di stampare bene nella memoria quello che vedo.
La famosa finestra sugli umidi campi della bassa, i mobili scuri e grezzi, le pile di libri, qualche strumento del mestiere e poi ancora la sua faccia. Mi accorgo che mi sta guardando con simpatia, e davvero sono un po' imbarazzata, se potessi gli chiederei mille cose... ma non mi viene in mente un ciffolo di niente: blocco totale. Ma perchè cavolo mi guarda così?
Indosso una di quelle magliette comprate al mercato per pochi soldi, vedo che la fissa con stupore, mi guardo addosso... 'che bei colori!' mi dice con un bellissimo sorriso.
La visita è breve, allegra ma breve.
Usciamo, contente di aver osato, ed io sono assolutamente basita. Di tutto quello che ho visto e che avrei voluto chiedere mi rimane in mente uno sguardo. E' questo quello che posso chiedere ad un artista, non cercare di capire i dettagli tecnici di un metodo o di una filosofia... non ci arrivo. Ma guardare come guarda, guardarlo proprio, vederlo guardare.
Io non ho mai capito granchè di Congdon e dei suoi magnifici quadri. Una cosa però non dimentico: lo sguardo di un bambino che si stupisce di cose che passerebbero inosservate. Come se lasciarsi ferire dalla realtà fosse non perdere occasioni per stupirsi.
Osare e non nascondersi davanti al rischio di un contraccolpo perchè la vita abbia gusto.
Non era santa Teresa che diceva 'io mi innamoro anche di una piuma!'... o qualcosa del genere?
Grazie Rose e grazie Bill!

3 commenti:

stefania ha detto...

sì è proprio così come l'hai descritto tu...quello che attraeva di lui era il suo sguardo sul reale.
Stefania

Mauro Bighin ha detto...

Eh già, e quello (o Colui) che nel reale in ogni secondo risplendeva. Un grande uomo.

gloria ha detto...

...e quello che nel reale in ogni secondo ora, adesso risplende... e quando non te ne accorgi ti grida comunque la nostalgia... grazie anche a voi carissimi