capitolo I°: attesa

Stava per cominciare lenta la giornata. Sonno, caffè, bidella gentile... telefonata: 'Vieni che mi devi portare in ospedale'
Papà è drammatico di natura ma ogni volta è un colpo, e non dice cosa c'è... mai lo dice, benedetto uomo!
Corsa in macchina, sveglia forzata, slalom in tangenziale nell'ora di punta, è un corso di guida alla Vasco Rossi: spericolata.
Si prende e si va... chissà se poi ho preso anche il cuore? Di questi tempi si impiglia un po' dappertutto e ne lascio brandelli qua e là. Comunque, si va.
Casini col posteggio, casini per far scendere il babbo, casini per lasciarlo lì, solo, e intanto piazzare la macchina a casa di dio.
Comunque ce la si fa.
Seduti ad aspettare, aspettare, aspettare, aspettare....

Quanta gente! Quanto bisogno imprevisto! I bambini hanno lo stesso, identico sguardo dei vecchi.
Alcuni adulti; i più scocciati sono quelli che sembra non abbiano granché... ma non ti va di giudicare, lì non ti va proprio. Va bene, sono scocciati... un sentire come un altro, a qualcuno servirà...forse a me.

Poi ti accorgi che la cosa comune a tutti è proprio l'attesa, il non sapere cosa c'è dietro quei vetri, il non sapere quando, come, quanto tempo, io chi sono, cosa mi succederà... il non conoscere. Quello che pesa però è un'altra cosa ancora, è il sentirsi come un ombrello rotto perso alla stazione, nessuno, nessuno pare si accorga di te. Dimenticato. Non ci sei più. Non esisti per nessuno... non servi più a nessuno.
I dottori, gli infermieri che ogni tanto fanno capolino, sembrano gli immortali... ma no, qualcuno ha la faccia di chi condivide, a fatica, ma sa. Però non ti vedono, ti guardano ma non ti vedono, non vogliono te, vogliono sempre qualcun altro... dio mio sempre qualcun altro è voluto... e io? Questa è la cosa che punge più del male, questa.
Rifiuto.
Pare ti abbiano messo addosso il cartello.
Il tempo passa e non passa mai, mentre tuo padre sembra Cristo in croce tu a che servi? Ad attendere con lui: qualche massaggio, non fa passare il male ma dice 'ti voglio bene'.
Ma anche lui vuole, ha bisogno, giustamente, di qualcun altro.

Alcuni bambini fanno chiasso... benedetto chiasso di bambini un poco malati, altri bambini sono in silenzio, maledetto silenzio dei bambini molto malati: Cristo in croce in braccio alla mamma.

Che fai? Preghi no?! L'unica attività dentro tutto questo essere passivi, l'unica cosa che rende attivo, lavorante, operante questa nullafacente di figlia, questa nullaservente di donna, questo essere che... chissà se esiste?!
Finalmente chiamano, sollievo già nel sentire il tuo nome... grazie infermiera adesso sto già un po' meglio, davvero! Sono quasi contenta... andiamo.
Per fortuna niente di grave... no, dottoressa, mio padre me lo porto a casa. Grazie di tutto, davvero, grazie perché dall'altra stanza sento arrivare il pianto di un bambino, un miagolio quasi, che spezza il cuore, perché di pianti bambini ne conosco, non mi spaventano, ma questo no... questo è un dolore che chiede pietà, chiede il permesso, chiede a me di non piangere più... piange lui al posto mio e mi dice "Tu per me esisti e sei importante, resto qui io tu vai pure".

Papà scherza e fa il bulletto con le infermiere... a quasi novant'anni.
Si torna a casa e in macchina ci solleviamo a vicenda:
"Sono fortunato, trovo sempre delle belle dottoresse!"
"Si, papà, ormai lo so che tu una volta all'anno un giretto lo vuoi fare all'ospedale... solo per farti coccolare dalle infermiere!"... a quasi novant'anni!!!

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